Il Dr.Morgue su CartonMag.it

Un'altra bella intervista realizzata dal sito CARTOONMAG.it alle autrici del DR.MORGUE, stavolta non si parla solo di Yoric, il nostro apprezzato Spaccamorti, ma anche di... qualche curiosità!

Buona Lettura!

Per iniziare vi chiedo come approdate al mondo del fumetto e cosa leggono Rita Porretto e Silvia Mericone?
Rita: Ho sfogliato il mio primo fumetto a 4 anni e da allora non mi sono più fermata. Ho sempre sognato di fare fumetti, ma ho impiegato una vita a decidere di provarci. Sono molto all’antica, per me il fumetto è quello da edicola per cui ho cominciato con Topolino, poi ho continuato con i Bonelli (Dylan Dog, Dampyr e Nathan Never, anche se confesso… quest’ultimo molto meno e mi sto appassionando alle Storie), i Bonellidi principalmente editi dalla StarComics (Cornelio, Rourke, Valter Buio). Poi adoro Devil, Cap America e i vendicatori, Ratman tutto e  da qualche tempo leggo anche Graphic Novel, più o meno da quando hanno cambiato sesso (prima le chiamavano al femminile, adesso al maschile, vai a capire…).
Silvia: Leggo libri, il che già dirlo è una rarità. Personalmente sono approdata al fumetto molto tardi, interessandomi precedentemente alla letteratura e al teatro, poi solo l’incontro con Rita mi ha forzosamente spinta nella nona arte. Probabilmente (anzi, sicuramente) molti addetti ai lavori inorridirebbero se sapessero che il Dr.Morgue è nato quando io ancora non masticavo affatto il genere per cui è stato creato. Poi, siccome sono una persona amante di tecnicismi e studio, mi sono messa di impegno per capire il funzionamento del registro-fumetto, per cui al momento ho anche delle predilezioni, che vanno dai Bonellidi a Garth Ennis, passando per Eisner e innamorandomi perdutamente del Commissario Spada e dell’Eternauta, sono piuttosto onnivora o soltanto curiosa. Se guardiamo invece ai fumetti più recenti, a parte gli “eterni” bonelli, guardo molto alle produzioni francesi e americane, l’Italia ha perso un po’ di mordente da cinque o sei anni a questa parte.
Quando avviene il vostro incontro e qual è il stato la prima cosa che avete pensato una dell’altra?
Rita: Il mio cervello possiede una sorta di salvavita, cancella ogni evento traumatico dalla memoria… no, sto scherzando. Ci hanno presentate amici comuni, anzi un amico comune e da lì abbiamo cominciato a parlare e anche a scherzare su una possibile collaborazione e adesso, eccoci qua.
Silvia: Siamo state in terapia dallo stesso psicoterapeuta e i risultati… infatti si vedono, soprattutto su Porretto, che non è ancora uscita dal tunnel. Scherzo ovviamente… avevamo amicizie in comune e poi la possibilità di scrivere insieme è venuta in modo del tutto naturale, come l’istinto suicida nei lemming (che comunque non esiste davvero in questi simpatici roditori artici).

Come nasce l’idea di creare Dr Morgue?
Rita: Yoric Malatesta è nato più o meno nel 2004, ma la serie così com’è uscita in edicola ha una creazione piuttosto recente. Inizialmente infatti e me ne assumo tutte le colpe, ero più propensa a creare una storia corale, in cui Yoric avrebbe avuto un ruolo di spicco, ma non ne sarebbe stato il protagonista indiscusso. Poi ragionando insieme, abbiamo capito che era su Yoric che dovevamo puntare perché c’erano così tante cose  da dire, argomenti da trattare e tematiche a noi particolarmente care e solo lui poteva assumersi questa responsabilità, diciamo così. E poi, non è straordinariamente bello?
Silvia: L’idea nasce dall’esigenza di tratteggiare un eroe a fumetti che fosse “fallibile”. Un soggetto fragile, con dei punti di forza molto marcati, una psicologia eminente… probabilmente anche più vicino alla normalità con le sue stranezze, di tanti personaggi a fumetti tutti così vincenti o così posticci nelle loro sconfitte, da risultare lontani dal vissuto dei lettori. In questo crediamo che “l’esperimento Dr.Morgue” sia assolutamente riuscito, i lettori hanno tutti trattato Yoric come un conoscente così esageratamente ottuso da… volergli bene. E questo è il ritratto di qualunque vero amico che si rispetti oltre i suoi limiti.

Il personaggio di Yoric Malatesta, affetto dalla sindrome di Asperger, narra di una realtà poco presente nei fumetti, l’ambito psichiatrico. Avete riscontrato delle difficoltà nel trattare di tale tematica e quanto studio dietro c’è stato?
Rita: Abbiamo avuto problemi a fare accettare un protagonista così da un editore. Prima di approdare alla Star Comics siamo state per certi versi anche un po’ ostacolate e molto criticate, perché secondo alcuni editori il personaggio non sarebbe piaciuto, sarebbe venuta a mancare l’immedesimazione proprio perché troppo “diverso” e troppo “poco eroe”. E invece Yoric è stato quasi subito adottato dai lettori, è stato capito e apprezzato proprio per la sua ottusa fragilità. Per quanto riguarda la documentazione, Silvia ed io (soprattutto lei in verità) siamo molto secchione, ci piace studiare e approfondire i temi di cui vogliamo trattare, per cui non c’è stata difficoltà, c’è stato tanto, tantissimo studio dietro e ne è valsa la pena, sempre.
Silvia: Come ha detto Rita le difficoltà e le porte in faccia sono state molte. Yoric era inizialmente osteggiato sia per i suoi tratti psicologici da asperger, che per il suo aspetto fisico… il Dr.Morgue non è bello esteticamente parlando e in un mondo a fumetti dove sono tutti indiscutibilmente avvenenti, un personaggio del genere con la cicatrice, un po’ gobbo, sgraziato, alto due metri e poco espressivo era talmente fuori dai canoni, da far storcere il naso. Fortunatamente i lettori non l’hanno pensata così… anzi, Yoric ha riscosso un successo insperato nel pubblico femminile e a volte ci hanno persino “bacchettato” quando veniva disegnato in modo “troppo bello”, ai lettori piace che Yoric non sia questo campione di beltà, probabilmente lo sentono più vicino alla realtà per questo.
Potete raccontarci come si svolge la creazione della sceneggiatura a quattro mani?
Rita: E’ tutto molto naturale e istintivo per noi, tanto che è difficile spiegarlo. Non c’è un solo metodo. A volte una delle due imposta le pagine e l’altra le definisce, altre ci dividiamo i compiti in base alle nostre peculiarità e competenze, altre ancora ci scanniamo finché una delle due rimane in piedi…
Silvia: …molto sangue. Io e Rita la pensiamo diversamente su tutto, anche su Yoric, su ogni idea, su ogni pensiero, persino su come scrivere le frasi. Questo a volte è un grandissimo problema, altre invece ci piace pensare che renda le cose perfette. Altre ancora arriviamo a minacciare pesantemente noi e le nostre famiglie pur di spuntarla l’una sull’altra. Più che un lavoro a quattro mani è un caso reciproco di stalking…
Come vi trovate a scrivere le sceneggiature dei fumetti per Cronaca di Topolinia?
Rita: La tua domanda mi fa ricordare che la Mericone non ha ancora aggiornato il nostro sito personale. In questo senso lei è pigra, ma io sono totalmente incapace. Abbiamo collaborato anni fa con l’associazione culturale, ma su idee e generi che ci sono stati commissionati, quindi non possiamo propriamente parlare di “lavori nostri”, ma di opere su commissione. Tuttavia la gavetta è gavetta e noi volevamo fortemente cominciare a confrontarci con il mestiere dello sceneggiatore (scritto al maschile suona meglio!). Non è semplice iniziare a fare questo lavoro (e neanche mantenerlo!), non c’è nessuno che ti aspetta a braccia aperte, quindi la prima opportunità che ti capita, anche se non è esattamente quella che ti rappresenta di più, l’accetti e ingoi qualche rospo di troppo.

Silvia: Sì… bèh, è passato un po’ di tempo e decisamente non sento la mancanza di quel periodo, ma come dice Rita “la gavetta è gavetta”, nel nostro personale caso la gavetta non finisce mai… sarà il soggetto del nostro prossimo fumetto “esordienti forever”.
Parliamo della figura femminile nell’ambiente fumettistico italiano. Ci sono stereotipi e miti da sfatare contro cui dovete “combattere”?
Rita: Non mi piace passare per vittima o per categoria protetta, ma essere donne in un ambiente di lavoro fino a non troppo tempo fa prerogativa maschile (eccezion fatta per le “non mai abbastanza citate” sorelle Giussani) può portarti a vivere situazioni “singolari”. C’è chi  spesso ci fa notare come sia strano (?) che due donne abbiano creato un personaggio apparentemente misogino, come se fosse impossibile per due donne descrivere una personalità maschile o assumere un punto di vista critico verso la propria “categoria d’appartenenza”, oppure chi ci dice che, essendo donne, dovremmo creare protagonisti femmina (!). Mi rifiuto di credere che tutto si riduca a una questione così elementare, ma a volte  le mie convinzioni si spiaccicano sul muro della realtà.
Silvia: Più che miti da sfatare contro cui dobbiamo combattere, ci sono editori, disegnatori e sceneggiatori maschi contro cui dobbiamo combattere… a parte gli scherzi, non so se io e Rita siamo state particolarmente sfortunate (o fortunate, secondo altri), ma il sessismo è una questione venuta spesso alla luce nei nostri rapporti di lavoro con le alte sfere. Un giorno scriveremo un libro o un racconto su tutti gli aneddoti che ci sono capitati in tal senso, alcune volte hanno sfiorato l’abisso del grottesco, altre volte… del becero tout court. Forse avremmo dovuto usare uno pseudonimo maschile, come faceva Amantine Dupin (…George Sand, per la cronaca).
Da “Albina usa un dentifricio spermicida”  a “Il punto M”, i vostri scritti sono permeati di figure femminili alle prese con la dura realtà di tutti i giorni. Qual è la vostra immagine della donna odierna e, che ruolo riveste nei vostro scritti e nella vostra vita, l’ironia?
Rita: Io penso che l’idea della parità tra uomo e donna abbia portato a una specie di fusione, anzi di “confusione” interna agli uomini e alle donne, per cui  ci ritroviamo ad avere a che fare con uomini che hanno introiettato il peggio della donna, come ad esempio le riflessioni “auto-incartanti”, mentre le donne hanno acquisito la logica dell’apparire sicure (perché prima lo eravamo, ma lo tenevano un po’ più per noi) tipica del maschio…
L’ironia? C’abbiamo costruito una carriera, ma che dico, una vita sopra! Dico sul serio, l’ironia permette di sopravvivere e di non cedere alle lusinghe sempre molto convincenti della depressione.
Silvia: L’ironia è un passepartout, ti permette di dire più o meno tutto e ti fornisce un’immagine inedita della realtà; credo inoltre che ci sia più senso del tragico nell’ironia, che nel sarcasmo troppo spalancato. L’ironia deve far riflettere, ma senza dirtelo altrimenti diventa piaggeria, per molti versi è un lavoro che si fa inconsciamente in due… chi scrive e la mente del lettore, che completa con quello che tu non gli hai detto. Per quanto riguarda l’immagine della “donna odierna”, vorrei dirti che non ne ho una, perché mi piacerebbe che la popolazione femminile non avesse bisogno di pensare alle “quote rosa” per affermarsi, come se qualunque posizione della donna in ambito lavorativo o sociale, sia una specie di conquista o peggio di concessione. Purtroppo invece ho un’idea ben chiara della donna attuale, per questo preferisco non dirtela… a buon intenditore, come si suol dire.

Passiamo all’indagatore dell’incubo, come vi siete trovate a mettere le mani sull’Old Boy in La camera chiusa?
Rita e Silvia: Dylan Dog è una delle pietre miliari del fumetto italiano. Confrontarsi con un pezzo da 90 come lui è stato un sogno diventato realtà, ma anche un’opportunità di crescita professionale importantissima. Abbiamo imparato tanto e non ti nego anche un po’ la strizza mentre ne scrivevamo. Quando lavori su un personaggio così conosciuto e amato, senti addosso una bella responsabilità ed è anche giusto che sia così. Noi abbiamo seguito la linea editoriale attuale del personaggio, abbiamo cercato di essere il più possibile coerenti e al contempo di dare un tocco personale. Ne siamo abbastanza orgogliose.

Non dimentichiamoci che vi muovete anche in ambito teatrale, penso alla drammaturgia scritta per Bestia da stile. Qual è il vostro rapporto con il teatro?
Rita: Quella del teatro è stata per me una chicca, un’esperienza interessante perché non è il mio campo, se non da fruitrice/spettatrice. Tra l’altro l’opera in sé non era delle più facili, ma è stato molto stimolante, non ti nego che se dovesse ricapitarci ancora un’occasione del genere, mi ci butterei a capofitto. La scrittura per il teatro è molto più complessa, ha dei tempi e delle modalità molto differenti rispetto a quella del fumetto… però sai, credo che molto dipenda da come lo vivi questo mestiere, io lo amo e lo rispetto molto, quindi il mio approccio parte sempre da una base di documentazione, di riflessione e poi di lavorazione, da mettere costantemente in discussione per ottenere il risultato migliore possibile, si spera!
Silvia: Il mio interesse per l’arte, la letteratura e la scrittura è nato col teatro, ma proprio quello considerato “difficile”, parlo della classica tragedia greca e della commedia latina, dalle unità aristoteliche fino al loro superamento drammaturgico, fino al surrealismo di Artaud, apprezzo un po’ meno gli esperimenti più recenti del teatro, che secondo me manca di scrittura forte. È stato lo sviluppo del teatro nei secoli a colpire la mia attenzione, non so dirti i motivi, forse sono “vecchia dentro”, ma trovo ancora di un’attualità sconcertante la Medea di Euripide e assolutamente comiche le Vespe di Aristofane. Il teatro per me è come una chiesa, un luogo spirituale nella mente, indipendentemente dalla fede acquisita.
Su cosa lavorate al momento?
Rita: Sul non rimanere disoccupate per troppo tempo, ma ci rendiamo conto che è un affare assai complicato e non privo di rischi! Lo accennavo prima, non è facile entrare a far parte del mondo del fumetto come autori, ancora di più come sceneggiatori, come donne ed è altrettanto complicato rimanerci. Ma credo che faccia parte del fascino di questa professione, se fosse semplice, che gusto ci sarebbe?
Silvia: Lavoriamo sulle grandi speranze, come direbbe Dickens… e questa la capisce solo chi ha letto il libro.
Volete ringraziare, salutare, aggiungere altro?
Rita: Grazie per l’intervista e mangiate più frutta e verdura che fa bene… non c’entra molto, ma non mi veniva nulla di altrettanto intelligente da dire! Ciao!
Silvia: Ringrazio personalmente Veronica per l’intervista e i lettori di CartoonMag, che speriamo non si annoino troppo nella lettura e in ultimo… non fate caso alla Porretto, la tengo solo perché è considerato un reato abbandonarla in autostrada.

Commenti

kim ha detto…
Ci saranno altre novità?

Dr.Morgue ha detto…
Caro Kim, scusa il ritardo nella risposta :)
Per il momento non ci sono "grosse" novità, forse una piccola in arrivo, per gli affezionati

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